"Mamme Connesse"
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Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
In questo articolo ti spiego come educare tuo figlio, come insegnargli le regole e non imporgliele, come aiutarlo a comprendere quali possono essere le conseguenze di un comportamento scorretto invece di punirlo e, cosa più importante, come insegnargli il contenimento di se stesso. Sei pronta? Si comincia! Questo articolo viene dalla richiesta di diversi genitori ed insegnanti a mie precedenti conferenze. Credo che sia una guida fondamentale per gli adulti che vogliono educare e crescere le nuove generazioni alle regole e ai valori e spero che possa essere un ottimo assaggio di quello che puoi trovare all’interno del mio nascente gruppo Facebook Piccolo Spazio Psicologia (a cui puoi iscriverti gratis da qui). Le informazioni che troverai all’interno di questa guida sono il frutto di studi psicologici ed educativi, di mie personali riflessioni a seguito delle mie esperienze sul lavoro con bambini, adolescenti, giovani e coloro che si occupano dei nativi digitali. Inoltre, credo l’articolo ti possa dare ,chiavi in mano, strumenti per fare un’ottima prevenzione, ovvero educare tuo figlio a regole, limitazioni e valori, in un modo nuovo rispetto al passato, senza incutere paura. Quindi, è importante che tu ti prenda il tempo per leggerla prestando molta attenzione! Iniziamo! Educare le nuove generazioni non è semplice. Molti adulti sono scoraggiati dalla perdita di valori e regole. Quando ho iniziato il lavoro di psicologa, rimanevo colpita da ragazzi che mandavano a quel paese le insegnanti, bambini che urlavano contro ai genitori e da come gli adulti non riuscissero spesso a contenere la situazione. Si, perché come direbbe Totò: “i bambini non nascono imparati”, imparano con il tempo ciò che gli viene permesso fare. E di conseguenza, subito anche per me era difficile lavorare con questi ragazzi, abituati com’erano a comportarsi in quel modo. Ma loro non sapevano che anche io avevo sperimentato certe modalità di ribellione e che quindi ne conosco bene i meandri e come uscirne. Ma partiamo dal principio! All’inizio della mia carriera professionale, venivo inviata in centri educativi pomeridiani per “ragazzi problematici”. Diciamocelo pure.. erano tosti! Il primo giorno in assoluto, mi sono trovata faccia a faccia con quello che chiamavano “Attila”, un bambinetto di 7 anni parecchio distruttivo. Ora, come tutte le sue maestre, le educatrici e gli altri genitori della classe, avrei potuto trattarlo con intransigenza, con fare brusco, riprendendolo sempre poiché ogni sua azione ne conteneva qualcuna pericolosa, oppure irritante. Invece, comprendendo il suo bisogno di attenzione, decisi di tentare prima di tutto di instaurare con lui una relazione. Mentre gli altri si impegnavano a urlargli dietro, cosa per altro a cui lui era super abituato anche a casa, io mi impegnavo a dargli attenzione. Era molto impegnativo e non mollavo mai con lui, nemmeno quando, dopo averlo seguito per un periodo di tempo, comunque ne combinava una delle sue. Agli inizi avrei potuto concludere che fosse tutto inutile: io facevo il mio e lui se ne infischiava. Ma anche il cielo più tempestoso, prima o poi torna a splendere. Ci vuole molta tenacia e pazienza, ma d’altronde gli adulti siamo noi, noi per primi dobbiamo credere che ce la possano fare. Altrimenti è tutto inutile. Ma perché un bambino a soli sette anni è già così in difficoltà? Perché è questo il punto, la sua difficoltà! Talvolta crediamo che questi bambini siano cattivi, siano indesiderabili, che debbano essere allontanati dagli altri, che siano maleducati, irrispettosi e che non meritino una nostra perdita di tempo. Per questo urliamo loro, per questo li isoliamo, li condanniamo. Purtroppo si reagisce in questo modo, se quello che abbiamo appreso nella vita, anche in seguito all’educazione che abbiamo ricevuto, è che le nostre parti indesiderate o indesiderabili debbano essere condannate. Dopotutto è davvero bella quella frase che dice: “La grandezza di una persona si vede da come tratta i più deboli” S. Johnson, ma anche: “Ogni cosa che ci irrita negli altri può condurci alla comprensione di noi stessi” C. G. Jung. Detto questo, come mai il bambino era già così? Una motivazione la ritroviamo sicuramente nel temperamento e l’altra nell’educazione alle emozioni, se vuoi saperne di più in merito ti consiglio di andare a leggere le mie ultime due guide precedenti a questa: Chi è mio figlio: come aiutarlo a trovare se stesso nell'era digitale. Cosa sente mio figlio: come educarlo alle emozioni nell'era digitale. Così potrai osservare che effetto hanno queste due tematiche nella crescita di tuo figlio. Ma lui oltre queste problematiche, aveva anche un problema di separazione dei genitori molto conflittuale in casa, un padre abbandonico, una madre con difficoltà emotive sue, una malattia fisica genetica e degenerativa. Credo sia abbastanza e molto di più, in queste condizioni, ciascuno di noi avrebbe problemi con la vita. Non diciamo ovviamente ciò per giustificare qualsiasi cosa, ma per essere un po’ più consapevoli delle motivazioni che stanno dietro a comportamenti scorretti, mancanze di rispetto varie e per essere anche un po’ meno giudicanti. Certo è che non tutti i bambini o i ragazzi sono così ribelli, oppositivi ed aggressivi, ma allora perché talvolta non rispettano le regole? Ti invito a guardati questo mio video sul canale Youtube Piccolo Spazio Psicologia e ad iscriverti se vuoi essere aggiornato sui miei contenuti gratuiti. A breve, sempre su questo mio canale, troverai anche i video della rubrica che tengo ogni 15 giorni su IlParmense, una testata online di giovani giornalisti, ma molto attivi sul nostro territorio. Te ne ho parlato perché sono orgogliosa di farne parte. Dopo che hai guardato il video e che forse ti sei fatto un’idea del perché bambini ed adolescenti non rispettano le regole per motivazioni tipiche dell’età, o per difficoltà proprie a piegarsi all’autorità o a contenersi nel comportamento, diciamocelo, una parte di responsabilità ce l’abbiamo anche noi adulti! Andiamo a vedere perché! A COSA SERVONO DAVVERO LE REGOLE? Prima ancora, però, chiediamoci anche che cosa sono: Le regole sono un insieme di norme variabili nel tempo, a seconda della società di appartenenza, che rimandano non solo ad una serie di obblighi e divieti, ma servono anche a garantire i diritti dell’uomo. Ecco, molto spesso, noi adulti che dovremmo avere il controllo della situazione, perdiamo quale sia il vero senso dell’insegnamento di una regola o di una limitazione comportamentale Ovvero: il diritto. Trasmettiamo ai ragazzi che una regola va rispettata perché si fa così, o perché un comportamento non è accettato, ma non passiamo il messaggio che quella regola, in realtà, permette a loro stessi di essere liberi, di essere tutelati e protetti. Facciamo un esempio pratico: con un gruppo di bambini e preadolescenti, per far comprendere l’importanza delle regole abbiamo fatto due operazioni: nel primo caso ho riesumato dalla mia libreria il “gioco dell’oca” ed ho giocato con loro una partita con tutte le regole prestabilite, loro si lamentavano perché non avrebbero voluto fermarsi due giri quando cadevano sull’oca in trappola e nemmeno tornare alla casella numero 1 quando capitavano sull’oca più temuta di tutto il gioco, credo fosse la casella 54 o la 56, ma ho fatto rispettare tutte le regole fino alla fine e una bambina ha vinto onestamente. così, la seconda partita ho deciso di giocarla senza alcunissima regola, inizialmente erano tutti eccitati di essere liberi, ma poi ho iniziato a tirare i dadi ed anche se usciva 5 io andavo avanti di 12, saltavo le caselle, sono partita dalla casella 20, invece che dall’inizio, qualcuno è andato direttamente al traguardo di vincita e la partita era finita. Mentre prima ci eravamo divertiti ed il gioco era durato per parecchio tempo, nel secondo caso dopo due minuti avevamo finito e tutti i bambini ed i ragazzi mi dicevano che quel che facevo non si poteva fare, che non valeva, che non rispettavo le regole! Li ho poi fatti ragionare su cosa servissero le regole e le indicazioni dei genitori e delle maestre e così abbiamo parlato della scuola, il secondo esempio, infatti, l’ho preso su loro suggerimento: “Sì, per giocare all’oca servono le regole, ma a scuola sarebbe meglio se queste non ci fossero!!” Così li ho seguiti nei loro discorsi ed ho fatto loro presente che le regole a scuola prevedono anche dei minuti di intervallo , la sicurezza di non essere perennemente interrogati a sorpresa nelle stesse materie, il fatto di potersi alzare per andare in bagno, il fatto di poter apprendere e di poterlo fare senza essere minacciati o puniti gravemente, ecc. Queste nel passato non erano tutte condizioni presenti, alcune sono state conquistate con il tempo, i bambini hanno bisogno dei vostri racconti del passato, di sentirsi dire che andare a scuola per i vostri genitori non era scontato, non tutti potevano permettersi di pagarla, alle donne non era permesso accedere all’università, ecc. o anche solo ora, per molti bambini al mondo, non è possibile. A tal proposito, vi consiglio un libro da leggere, questa volta non è un manuale, ma un romanzo di Nicolò Govoni, ho conosciuto questo ragazzo sui social, ha solo venticinque anni, ma una missione importantissima, quella di permettere ai bambini della sua Onlus in India di andare a scuola e all’università, con questo libro ha fatto milioni di copie e ha devoluto l’intero ammontare a questa missione, credo che sia nostro dovere dare sostegno a persone come Nicolò, che oltre a scrivere bene, oltre che aver scritto del suo viaggio che gli ha cambiato la vita, ha decisamente avuto quella che per me si chiama vocazione, per dare agli altri, ciò che normalmente il mondo non gli concederebbe. Il libro si chiama: “Bianco come Dio” e lo puoi acquistare a questo link: https://amzn.to/2Hogd0y Con questi ragazzi io invece ho utilizzato un’altra tecnica, ovvero quella di fargli immaginare di essere a scuola e di non avere nessuna regola, abbiamo costruito insieme una storia molto semplice e basica, con alcuni personaggi e presto si sono accorti che il fatto di non avere regole, non era più una tutela nemmeno per loro. Devo ammettere che sono stata una maestra cattivissima nella storia, ma ha funzionato! Le storie, i racconti, i cartoni, le serie tv, il disegno, tutti questi artefatti sono molto preziosi da utilizzare nell’infanzia e nell’adolescenza come mezzo fantastico per esprimere ciò che se passasse a voce non avrebbe la stessa valenza. Sembra, infatti, che ai ragazzi sia rimasto molto impresso, tanto che alla fine dei gruppi, dopo qualche mese, facendo un cartellone conclusivo “cosa ho imparato da questa esperienza di gruppo”, un bambino ha scritto: “Senza regole è un caos!” Basta poco, in realtà, per far entrare in loro alcuni concetti, invece talvolta non ci prendiamo il tempo per far si che questi giochi, questi artefatti vengano elaborati. Va bene Sara, bella storia anche questa, ma cosa fare se il bambino nel frattempo sgarra e mette in atto comportamenti sbagliati? PUNIZIONI O NO? Il mio pensiero è il seguente: Se le regole si insegnano, non ha senso imporle, poiché così facendo, passeremmo solo il messaggio di limitazione e di non essere adulti affidabili, poiché, a parte voler far valere la nostra adultità e supremazia, non ci mostreremmo volenterosi di confrontarci con loro. Questo ci leverebbe da una bella difficoltà: quella di spendere tempo ad ascoltare, sapere cosa si sta facendo e trovare noi stessi delle risposte alle domande anche provocatorie dei bambini e dei ragazzi, cosa che al giorno d’oggi invece è necessaria! per fortuna, in questa nuova Era della Rivoluzione Digitale, comportarsi come Hitler non ha più presa. Piuttosto, ha senso essere degli adulti competenti, affidabili e coerenti, che tengono conto delle tappe necessarie che bambini e ragazzi devono fare per crescere, confrontando le situazioni, i comportamenti e avendo bene in mente questi stadi dello sviluppo. A dodici anni, uno dei compiti vitali è quello di andare verso l’autonomia e lo sperimentare se stessi, se io genitore o adulto concedo o promuovo comportamenti che vanno verso la direzione opposta, anche se penso di fare bene, in realtà faccio male. Così, per fare un esempio, se ho un ragazzo che a fine giornata è spesso stanco, che vuole rimanere a casa dallo sport, ma che poi senza nessun problema gioca per ore davanti alla Play e io adulto gli concedo di stare a casa perché poverino è stanco, non sto andando nella direzione dell’autonomia e della possibilità per lui di testare i suoi limiti e le sue risorse e di temprarsi. Adler, uno psicoterapeuta dinamico tedesco, dice che i bambini problematici possono essere di tre tipi principali, uno di questi è l’essere viziati e sempre facilitati nell’affrontare le sfide del mondo. E permettergli di temprarsi, è differente dal dare un sacco di botte se non ascoltano. Proprio l’altra sera, guardando un film, ho visto una scena di punizione di un marinaio che aveva insubordinato: 30 frustate sulle natiche. Cosa ha ottenuto il capitano? 1. Immediata ed apparente obbedienza da parte del marinaio, ma parallelamente un instaurarsi di sentimenti di rabbia, odio e vendetta; 2. Con il tempo il marinaio organizza comportamenti sempre volti alla diserzione, ma questa volta più meschini e subdoli e meno intercettabili e correggibili; 3. Molti altri marinai sono stati solidali con lui sotto sotto e quindi, se in famiglia ci sono fratelli, molto probabilmente si coalizzeranno contro i genitori, così come la ciurma farà a breve nei confronti del capitano. Quindi le punizioni, date con scopo di repressione come un tempo e soprattutto le repressioni che implicano modalità fisiche, portano a questo tipo di possibilità, nessuna della quali insegna nulla di utile. In genere, si possono anche utilizzare alcune punizioni del comportamento, ma devono essere date senza la logica della repressione e soprattutto non fisiche e con lo scopo magari di aggiungere qualcosa al bagaglio di vita del bambino, non semplicemente di togliergli le cose che a lui piacciono. Ha combinato una cosa grave? Bene, invece che togliergli la Playstation, Sabato mi aiuterà a tagliare il prato di casa. Aggiungo, non tolgo. Inoltre, quando do una punizione, devo assegnarla immediatamente dopo il comportamento scorretto, altrimenti se passa mezza giornata, si è osservato da diversi studi scientifici, che non ha efficacia. L’uomo, infatti, associa il “dolore” dovuto alla punizione al comportamento scorretto, scoraggiandolo, solo se viene data immediatamente dopo, altrimenti non viene registrata dal cervello con quello scopo che noi volevamo darle, cervello che nel frattempo si è concentrato su altre esperienze nell’arco della giornata e che quindi può fraintendere le vostre intenzioni molto facilmente. Inoltre, bisogna sapere che punire ferma il comportamento sbagliato (forse) ma non dà al bambino o al ragazzo nessuna indicazione del comportamento coretto che la prossima volta dovrà utilizzare. Cioè, la prossima volta tuo figlio saprà che non deve fare quello, ma non saprà cosa fare in alternativa. Quindi, un’educazione basata solo sulle punizioni, non è un’educazione funzionale. Perchè? Solitamente questo tipo di educazione viene utilizzata da genitori con uno stile genitoriale decisamente autoritario, quasi dittatoriale, mentre i genitori, di cui abbiamo accennato prima, che lasciano il bambino a casa davanti alla Playstation perché poverino è stanco, hanno uno stile genitoriale decisamente lascivo, lasso e permissivo. Ma esistono diversi tipi di stile genitoriale, che si basano su due aspetti principali: il livello di controllo che il genitore pone nella relazione ed il livello di supporto affettivo, da questo ne emergono 4/5 stili educativi principali:
Ovviamente questi diversi stili comportamentali hanno diverse conseguenze sui figli e si possono combinare tra di loro in differenti situazioni, o momenti della vita: nel primo caso del genitore autoritario, i figli potrebbero a loro volta divenire molto rigidi ed intransigenti, questo potrebbe portare all’utilizzo a loro volta della violenza come risoluzione e sottomissione dell’altro alla propria volontà, oppure ad un’eccessiva timidezza ed introversione, in più i figli di genitori dittatoriali sono meno capaci di autocontrollarsi e di autoregolarsi, ma aderiscono passivamente ad una norma, poiché non hanno mai avuto l’opportunità di sperimentarsi. Questo stile mina anche le capacità sociali del bambino e spesso anche l’autostima, tanto da abbassarne anche le abilità scolastiche. Nel caso, invece, del genitore permissivo, il figlio ugualmente non impara ad autocontrollarsi ed è quindi maggiormente soggetto a non essere in grado di autoregolarsi, di stare in mezzo alle persone e alle situazioni in modo consono e disciplinato poiché sembra ignorare le norme. Questi bambini sono spesso capricciosi, insicuri ed ansiosi specie nelle relazioni. I figli di genitori trascuranti, invece, corrono gravi rischi dal punto di vista evolutivo poiché non avendo ricevuto dei punti di riferimento ben saldi non sono solo insicuri e ansiosi come i bambini precedenti, ma rischiano di sviluppare comportamenti devianti e delinquenziali in adolescenza e in età adulta, oltre che ad essere maggiormente a rischio di abuso di sostanze, dipendono da queste poiché non hanno imparato ad avere relazioni significative ed hanno dovuto provvedere a sé anzitempo, senza esserne veramente in grado. Questi bambini più degli altri hanno difficoltà di riconoscimento e gestione delle emozioni. Nel caso dei genitori iperansiosi e iperprotettivi, i bambini cresceranno, a seguito di questo stile genitoriale, con delle difficoltà significative nella fiducia di sé e del mondo. Svilupperanno un’emozione in particolare ovvero la paura e quel senso di essere costantemente in pericolo, tanto da dover essere spesso in allerta. In queste persone sono stati individuati negli esami fisiologici forti elevazioni di cortisolo che è l’ormone dello stress, presente per l’eccessiva e costante sollecitazione a cui viene sottoposto il corpo, anche se dopo anni l’individuo non è più cosciente di essere in questo stato psico-fisiologico. I bambini di genitori autorevoli, infine, sono coloro che riescono ad essere più autonomi nella vita, senza perdere la capacità di creare una relazione, questo perché hanno avuto un punto di riferimento valido da cui tornare in caso di necessità, ma che ha saputo anche valorizzare le loro autonomie. Infatti, questi bambini sono maggiormente in grado di utilizzare le proprie risorse, essere assertivi e relazionarsi con i coetanei comunicando le proprie idee. E tu ti sei mai chiesto che stile educativo adotti con tuo figlio? Anche i cartoni animati della Walt Disney ci aiutano ad accorgerci meglio dello stile che utilizziamo e magari ad essere più onesti con noi stessi, li potete guardare qui: Fatelo vedere ai vostri figli e chiedetegli voi a quale genitore somigliate, non dovete offendervi però, ma riflettere su ciò che vi rimandano e magari parlatene con loro, i rimandi esterni, specie se sono dei vostri figli, sono sempre preziosi! Poi, basta che non vi dicano che assomigliate alla mamma di Rapunzel e va tutto bene! ;) Ok Sara, ma per essere genitori autorevoli, allora, cosa bisogna fare? Abbiamo visto come negli stili educativi siano importanti due fattori: il livello affettivo dato al bambino ed il livello di controllo posto nella relazione con lui, in questa guida sulle regole, in particolare ci soffermeremo sul secondo fattore, ovvero sul livello di controllo che si pone nella relazione, perché, sì, le regole devono avere delle caratteristiche ben precise per essere corrette e sì, non tutte le regole che vengono poste sono sempre necessarie. Allora vediamo quali sono le 5 caratteristiche che le regole devono avere per essere utili: 1. Una regola deve essere chiara e precisa: a bambini e ragazzi devono essere date indicazioni che non abbiano possibilità di essere interpretate in mille modi differenti. Il senso della regola deve essere semplice, comprensibile e deve contenere in sé anche una garanzia di protezione come abbiamo già detto. La persona stessa che impartisce la regola deve avere un atteggiamento sereno, così come quella che dà una punizione o fa un richiamo per il comportamento errato. Bisogna utilizzare un tono ed un’energia chiara e decisa nella comunicazione di regole e conseguenze, con una postura eretta e fiera, ma non sfidante. 2. Una regola deve essere prestabilita: non si può imporre al bambino o al ragazzo una nuova regola che prima del comportamento scorretto non esisteva ancora. Le regole famigliari e i valori vanno piano piano costruiti assieme e tutti ne devono essere a conoscenza. Se accade, come è possibile nella crescita, che si verifichino nuovi comportamenti e che alcuni di questi siano scorretti, per sanzionarli, si deve far riferimento a dei valori indiscutibili che erano già presenti e da cui si può ricavare una norma anche per i nuovi comportamenti, oppure si deve riflettere assieme sull’accaduto e decidere insieme delle conseguenze per quel comportamento nuovo non adeguato. Ad esempio Giulia cresce e a sedici anni torna alle 5 del mattino di Sabato sera: non è accettabile, specie perché non ne eravate al corrente! Mettiamo che prima non fosse mai successo che si comportasse così, quindi dopo averne parlato con lei, si decide, anche insieme, quali siano le conseguenze se la prossima volta che va a ballare non rientrerà entro le 3. Con i più piccoli si può utilizzare il gioco dei semafori: verde per tutti i comportamenti accettati; giallo per i comportamenti che di norma non sarebbero accettati, ma verso cui siete indulgenti perché serve un miglioramento che è possibile, o perché è accaduta una cosa significativa che ha portato il bambino ed il ragazzo a comportarsi peggio di quel che fa normalmente (es. il bambino è molto più irritabile del solito perché i suoi genitori si stanno separando); rosso per tutti i comportamenti gravi e pericolosi che non sono accettabili e che prevedono delle sanzioni di cui siete tutti a conoscenza in famiglia. 3. Adeguate all’età: in realtà questa regola delle regole dovrebbe essere la prima, poiché bisogna SEMPRE e NECESSARIAMENTE tenere conto dell’età del bambino o del ragazzo. È chiaro che non si può dare una stessa regola ad un bambino di 5 anni ed ad un ragazzo di 15, poiché nel primo caso mi dovrò aspettare che sia in grado di rispettare comandi semplici, mentre da adolescente potrà usufruire di una maggiore capacità di astrazione, di morale ed intellettiva che prima non aveva, infatti, come per lo sviluppo emotivo, anche lo sviluppo della morale e dell’etica ha un suo decorso, pensate che fino ai 16 anni il pensiero ipotetico-deduttivo non è del tutto formato, per questo filosofia e certi argomenti di matematica non vengono affrontati prima della terza superiore. Non posso poi aspettarmi che a diverse età il bambino o ragazzo riescano a rispettare ugualmente una regola, magari il bambino di 5 anni necessiterà di più prove e aggiustamenti perché riesca ad apprendere il comportamento corretto o a cessare quello scorretto, mentre specie su certi aspetti della vita, a 15 anni mi posso aspettare che siano acquisiti e se non lo sono bisogna che mi pongo qualche domanda. Inoltre, le conseguenze che ha un comportamento scorretto a 5 anni e a 15 devono essere differenti. Inutile dare una punizione di un mese ad un bambino di 5 anni, non la rispetterà mai e nemmeno voi ci riuscirete, perciò vi conviene dare una conseguenza minore per riuscire a portarla a termine, che, invece, è la cosa più importante, poiché vi farà sembrare dei genitori coerenti agli occhi dei ragazzi. 4. Le regole non devono essere eccessive: è inutile dare tantissime regole da seguire, non picchiare gli altri bambini è fondamentale, ma chiudere tutti i tappi degli shampoo sotto la doccia non è necessario, le regole devono essere poche e le più importanti, che reputiamo indispensabili per la crescita e di qui entra in ballo un altro argomento: 5. Le regole devono essere utili allo sviluppo: non è importante che il bambino abbia molte regole, ma che vengano date necessariamente quelle che gli servono per crescere a seconda delle fasi di vita che sta vivendo, aggiungendone delle altre in quelle successive se quelle precedenti sono state acquisite e consolidate. Se vuoi altri spunti rispetto a come dovrebbero essere le regole, ma anche su come coordinare la tua parte affettiva con la parte regolamentatrice ti consiglio in ultimo anche questo libro, che puoi acquistare qui: https://amzn.to/2HnHErs Il collega è uno psicomotricista che si occupa di bambini in entrambe le aree, quella delle regole e quella delle emozioni, a settembre probabilmente anche io ed una collega faremo partire un corso di questo genere nelle scuole, poiché aiuta genitori, bambini ed insegnanti ad avere strumenti di pronto utilizzo per intervenire a scopo preventivo, rimane chiaro che quando un bambino, nonostante le accortezze utilizzate, non riesce a cambiare sia dal punto di vista emotivo, che dal punto di vista comportamentale, che dal punto di vista relazionale, è necessario accedere ad aiuti altri come noi professionisti, che offriamo consulenza proprio su questi settori! Per questo mese voglio salutarvi con una citazione di Gandhi, che trovi nell'immagine finale dell'articolo, Un abbraccio, Sara.
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