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​"Mamme Connesse"

Informazioni virtuali per connessioni reali. 
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo
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2/12/2016 0 Comments

I narcisi digitali ed il loro corpo

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Narciso era un giovane greco di un’estrema bellezza, talmente bello che chiunque incontrasse il suo volto si innamorava di lui, ma il ragazzo non era interessato alle relazioni, così un giorno rifiutò anche Eco, ninfa del bosco dalla voce melodiosa, ma resa quasi muta dalla gelosa Era, moglie di Zeus.
La ninfa fu, infatti, maledetta da Era e costretta a ripetere solo l’ultima parola della frase del suo interlocutore.
Così, Narciso canzonò Eco, chiedendole come avesse anche solo pensato che lui, il giovane uomo più bello di tutta la Grecia, avrebbe accettato la sua dichiarazione d’amore e che la ricambiasse, essendo lei muta.
Eco, profondamente umiliata, interpellò Nemesi, dea della vendetta, chiedendole di fare in modo che Narciso si innamorasse della sua stessa immagine riflessa. E così fu, un giorno, il giovane greco specchiandosi nel rivolo di un ruscello, rimase rapito dalla propria immagine, il rapimento fu tale che, per avvicinarsi ed osservarsi meglio, cadde in acqua e morì.
 
Le nuove generazioni dei nativi digitali, sembrano riprendere molti aspetti della storia di Narciso, in quanto le loro relazioni, i loro affetti, i loro gruppi, sono costituiti prevalentemente come estensione e come possibilità di riuscita del proprio progetto di vita individuale.
I nativi digitali, infatti, cresciuti con ideali fissi e crudeli diffusi dalla cultura dei mass media, di internet e della pubblicità, non tendono più al sentimento della colpa presente nelle generazioni passate, ma a quello della vergogna.
Gustavo Pietropolli Charmet, psichiatra italiano, nei suoi ultimi libri sulle nuove dinamiche dell’adolescenza, osserva e spiega come nel passato i bambini temessero principalmente di essere scoperti dai genitori nelle loro debolezze o marachelle, di essere, quindi, potenzialmente reputati come cattivi e consequenzialmente puniti, specie in adolescenza, quando la sessualizzazione del loro corpo, i loro desideri più profondi ed i loro cambiamenti ormonali ed organici emergevano, portandoli a configurarsi nelle loro giovani menti un’ipotetica punizione imminente per tale perversione.
Attualmente, invece, lo psichiatra sottolinea come i giovani di oggi siano terrorizzati non tanto dalla paura delle conseguenze e dalla colpa, ma dalla vergogna dell’essere brutti.
Gli adolescenti odierni temono che il loro corpo così come è fatto, così come lo vedono riflesso nello specchio o dallo specchio sociale dei propri coetanei, reali o virtuali, non sia all’altezza di quegli ideali di bellezza, di successo e di affermazione offerta dai social networks.
 
Queste piattaforme sociali, danno modo al ragazzo di mediare la propria presenza fisica in un ambiente, di non dover prendere contatto con la dimensione del proprio corpo in relazione con l’altro, con un eventuale rifiuto dell’altro; l’interazione con l’esterno diviene molto più facile da gestire,  come le proprie emozioni, la propria aggressività, la sessualità, poiché basta un click per uscire dalle situazioni sgradevoli.
Eppure il corpo è, simbolicamente e non  solo, la nostra casa, la nostra realtà e mentre si voleva entrare in un modello educativo dell’affetto, che aiutasse i ragazzi a sentirsi meglio con sé, a vivere il proprio corpo e la propria sessualità senza dover ricorrere al senso di colpa degli anni passati, la continua esposizione ai corpi virtuali necessariamente perfetti per il marketing di prodotti, porta i nuovi adolescenti di oggi ad essere ipercritici nei confronti del proprio aspetto, che deve, nei selfie quotidiani, ricalcare questo modello di perfezione, tentando di nascondere tutto ciò che di sé non è mostrabile e rendendo noto tutto ciò che si vorrebbe essere, finendo per rendere reale un Sé che non lo è, ma rappresenta solo il proprio ideale.
Queste dinamiche hanno di lunga aumentato le problematiche psicosomatiche in adolescenza, i ragazzi attaccano il proprio corpo sempre più frequentemente con tagli, rinchiudendosi in casa, non accedendo più alle scuole e agli ambiti sportivi, decidono di non nutrirlo più, quel corpo che preferiscono come infantile e perfetto, non funzionale, ma ineccepibile.
 
Ma cosa è successo a Narciso, dove lo ha portato il contemplare la propria immagine?
Questo accade quando il corpo reale viene abbandonato per dare rilevanza meramente alla sua immagine esterna, non alla sua rappresentazione interna, ma ad un’immagine, spesso costruita e confrontata sugli ideali altrui e sul giudizio altrui, tuttavia il corpo non è fatto solo per essere guardato, osservato, ma per essere utilizzato nelle sue moltissime funzioni e possibilità, capacità di utilizzo che i giovani odierni sembrano non ingranare, oppure servendosene per una mera prestazione.
Rimanete Connesse!
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Sono Sara Moruzzi, Psicologa presso studio privato, specializzanda in servizi sociosanitari del territorio di Parma ed autrice del blog "Mamme Connesse". Da anni aiuto genitori e figli a sviluppare strategie educative affettive e relazionali, sostenendo gli uni nel ruolo genitoriale e gli altri nel loro percorso di crescita. Credo fortemente nella costruzione di una buona relazione tra persona e professionista e ritengo che questa sia la vera matrice del cambiamento, al di là di qualsiasi diagnosi.
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    "Mamme Connesse" è un blog che nasce per le madri desiderose di comprendere qualcosa in più sulle trasformazioni psicologiche, affettive e relazionali, dovute al mondo digitale, in cui i loro figli si addentrano tutti i giorni come nativi digitali.
    ​Obiettivo del blog è anche quello di dare alcune psicoricette alle madri, per poter affrontare al meglio quelle situazioni ormai quotidiane innescate dalla rivoluzione tecnologica.

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