"Mamme Connesse"
Informazioni virtuali per connessioni reali.
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
Michele è un bambino molto vivace, le maestre addirittura lo definiscono come un vero e proprio “terremoto”, ha estrema difficoltà nello stare fermo e a prestare attenzione, specie in fase di compito scolastico. Anche durante le sedute si manifesta questa caratteristica, si stanca facilmente di un’attività, ne cambia continuamente, è veloce e la madre riferisce che spesso l’unico momento in cui si calma, anche per ore, è quando guarda video su youtube dei suoi personaggi preferiti, lì scompare il movimento, scompare la disattenzione e scompare l’ansia della madre che lo deve sempre inseguire per tutta casa. Un’altra abitudine di Michele e di sua sorella, è quella di fare i compiti pomeridiani davanti alla TV, magari con il canale musicale acceso, che espone entrambi i bambini, sia ad interferenza nella concentrazione sul compito, sia ad un’esposizione ad immagini e contenuti adatti ad un pubblico adolescente-giovane adulto e non di certo per bambini delle elementari. C’è chi sostiene che il deficit di attenzione ed iperattività sia dovuto unicamente a cause di tipo genetico-biologiche, tuttavia, secondo una ricerca della rivista Americana “Pediatrics”, svolta su 2.500 bambini, la TV e in particolare le ore trascorse quotidianamente dai piccoli di fronte a essa ,dall’età di 0 fino ai sei anni, influiscono significativamente sullo sviluppo di disordini dell’attenzione e iperattività. Non solo, ma la precoce esposizione a tecnologie, quali i-pad, smartphone, ecc, li rende più interessati, fin dai primi mesi, a stimoli quali schermi lucenti, invece che al rumore degli spostamenti della madre in casa. Molto spesso, il fatto che queste baby-sitter virtuali vicarino la presenza della madre, talvolta riuscendo a produrre risultati immediati più soddisfacenti di quelli della madre stessa, mette il genitore in una posizione di simultanea sensazione di inadeguatezza e di sollievo. La prima sensazione di colpa genererà altre occasioni in cui il genitore affiderà il bambino alle tecnologie, pensando che queste la supportino e la sostituiscano in ciò che secondo lei non riesce a svolgere adeguatamente da sola, mentre la seconda sensazione porterà a una possibile deresponsabilizzazione inconscia del genitore, affidando alla tecnologia la capacità di contenere il proprio figlio, ma dandolo in pasto a qualcosa di freddo, automatico e senza affetto. Perché questa esposizione precoce, incontrollata temporalmente e non monitorata dal genitore, può essere deleteria? Secondo i ricercatori statunitensi del Pediatrics, non sarebbero tanto i contenuti, ma le immagini irreali e veloci di molti programmi ad alterare lo sviluppo del cervello e la sua normale fluttuazione attentiva. Si può dire che le immagini di un video su youtube abbiano lo stesso meccanismo, sono veloci, interessanti, sonore e dalla concentrazione su di uno stimolo, si può passare velocemente ad un altro e poi un altro ancora, nel giro di pochi minuti. Se ci pensiamo, i nostri figli sono abituati a prestare attenzione specialmente a canali video in quest'ultimo periodo, un video sulla piattaforma di Youtube, mediamente, ha una durata di 2-4 minuti, come un videoclip musicale, se lo stimolo dura di più, i ragazzi lo scartano perchè troppo lungo da vedere. Cosa ne sarà allora di un'intera ora di lezione a scuola? E' scientificamente dimostrato che, in classe, la capacità di concentrazione media dei ragazzi si è abbassata rispetto agli anni '90, passando da un'attenzione fluttuante di 30 minuti circa (detta fluttuante, poichè nessuno è in grado di concentrarsi per ore e ore senza mai distrarsi, o mostrare livelli differenti di intensità attentiva), ad una di pochi minuti, corrispondenti alla durata delle stimolazioni in internet. Per quanto riguarda, invece, l'attenzione generica utilizzata durante la giornata, comprensiva di attenzione sostenuta (ovvero la capacità di concentrarsi su di un unico compito in modo prolungato), attenzione selettiva (capacità di mantenere l'attenzione anche quando si è soggetti a distrazioni) e attenzione alternata (ovvero la capacità di concentrarsi su più compiti contemporaneamente , il cosiddetto multitasking, vedi: "3 caratteristiche dell'apprendimento nei nativi digitali"), una ricerca condotta dalla stessa Microsoft, riporta come l'essere umano sia stato definitivamente superato dal pesce rosso a livelli di concentrazione. Se infatti il pesce rosso ha una capacità di rimanere attento di 9 secondi, l'essere umano è passato dai 12 del 2005, agli 8 secondi del 2015, con evidenti ripercussioni sull'ascolto dei genitori nei confronti dei figli, dei figli a scuola, in generale della possibilità che qualcuno non solo ci senta, ma che ci possa ascoltare e comprendere e che ne abbia il tempo e la volontà. Analizzando meglio la propria ricerca, Microsoft ha osservato, sottoponendo un campione canadese di individui ad encefalogramma, che un utilizzo maggiore dei dispositivi digitali ha diminuito significativamente la nostra attenzione sostenuta, ma non ha intaccato attenzione selettiva e alternata, decretando perciò che siamo molto più in difficoltà a svolgere un solo compito, che svolgerne differenti contemporaneamente. A mio parere, questo ci fa sicuramente guadagnare in termini lavorativi e di prestazione, ma l'uomo è fatto anche di tanto altro, tra cui bisogni biologici, psicologici, affettivi, emozionali, corporei, ecc. Una cosa è certa, non si può più tornare indietro, ma si può compensare l’estrema velocità, con la profondità di un rapporto, la virtualità del mondo digitale, con contatti reali, l’immediata risposta alle sensazioni, con la capacità di dare significato. Rimanete Connesse! Sono Sara Moruzzi, Psicologa presso studio privato, specializzanda in servizi sociosanitari del territorio di Parma ed autrice del blog "Mamme Connesse". Da oltre 3 anni aiuto genitori e figli a sviluppare strategie educative affettive e relazionali, sostenendo gli uni nel ruolo genitoriale e gli altri nel loro percorso di crescita. Credo fortemente nella costruzione di una buona relazione tra persona e professionista e ritengo che questa sia la vera matrice del cambiamento, al di là di qualsiasi diagnosi.
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