"Mamme Connesse"
Informazioni virtuali per connessioni reali.
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
Rispondendo al video “Bambini e schermi: parliamone” di Marco Montemagno, mi ritrovo ad apprezzare l’intervento di colui che si occupa di digitale e del mondo del business tech. Marco non aggira il discorso, anche se questo, ultimamente, pare piuttosto spinoso. L’imprenditore chiede, anzi, che qualcuno commenti buone idee per far convivere contemporaneamente l’avvento di questi nuovi strumenti tecnologici e la necessità di un bambino di imparare a cavarsela nel reale, cercando di aggirare la dipendenza con cui vengono utilizzati, anche dai più piccoli. Alcuni dei punti trattati nel video mi trovano con lui in prima linea, come quando afferma che, ad oggi, i bambini sono completamente bombardati dagli stimoli e non hanno più tempo per pensare, per la noia, per andare semplicemente in oca; su altri, invece, lo rassicuro. Quando afferma che nessuno abbia decretato che “i suoi amati soldatini di quando era bambino” facessero sviluppare maggiori capacità intellettive rispetto allo schermo digitale, in realtà, molti studi affermano che correre all’aria aperta, così come costruire un gioco insieme (fosse anche predisporre una guerra con i soldatini) permette di sviluppare tantissimo l’intelligenza propriocettiva, visuo-spaziale, il problem solving, la capacità di strategia, il relazionarsi, la possibilità di esprimere la propria aggressività in modo dinamico, cosa che purtroppo si sviluppa differentemente con i dispositivi digitali, rendendola un qualcosa di maggiormente automatico e poco esperienziale, dove l’interazione imparata dai bambini è, appunto, quella con lo schermo, che indubbiamente non ha le stesse caratteristiche umane e della realtà. Ecco perché, in un'intervista video del responsabile del primo centro pediatrico per la dipendenza da internet al Policlinico Gemelli di Roma: Federico Tonioni, si spiega come l’utilizzo del digitale provochi l’incapacità del rispecchiamento con l’altro, su cui si basa “solo” l’empatia umana, ossia la capacità della persona di mettersi nei panni dell’altro senza venire travolto dal suo mondo emotivo, ma di prevedere le reazioni altrui, di sapervi rispondere in modo congruo, ecc; come anche si riduce la capacità di tollerare la frustrazione e di posticipare la gratificazione ed ecco che, come dice Montemagno, abbiamo dei bambini che sicuramente svilupperanno una capacità cerebrale differente, purtroppo non sempre per il meglio, perché lo conseguenze di questo sono anche l’incapacità di aspettare, di concentrazione, il multitasking (argomenti trattati in articoli precedenti). In ogni caso, accettando la proposta di Marco, indico alcune modalità per educare i bambini a non andare alle feste di compleanno e ricercare solo la password wifi. 3 strategie: 1. Quando si comprano i primi strumenti digitali, se ne parla con il bambino e si fissano da subito delle regole: una mamma blogger americana, ad esempio, le ha proprio scritte e tra le regole di buona educazione ci dovrebbe essere quella secondo cui, fuori a cena, o a casa altrui, si utilizzano limitatamente i dispositivi. Le regole devono essere “poche, ma buone”, quindi è preferibile che ci siano poche regole da rispettare, ma che in quelle si sia intransigenti, spiegando prima chiaramente al bambino il perché delle nostre scelte. E cosa fare se gli altri genitori non fanno lo stesso? Magari nei primi incontri tra genitori, in occasione di feste di scuola o di compleanno, si potrà avere occasione di sapere cosa ne pensano in merito e magari costruire un gruppetto di amicizie tra adulti che condividono gli stessi principi; 2.Offrirsi di far qualcosa con lui/lei: solitamente i genitori tendono a far distrarre il bambino proprio con il digitale, in quanto, almeno, starà buono davanti allo schermo. Cercare di costruire degli interessi comuni con il proprio figlio, invece, lo porterà a ricercare l’interazione con noi, o con figure per lui di riferimento come ad esempio fratelli e cugini. In questo modo avremmo l’ulteriore vantaggio di costruire con lui una relazione positiva, basata sull’attenzione reciproca, oltre al fatto di tenerlo impegnato in altro che non siano dispositivi digitali; 3. Dare il digitale in piccole quantità: Marco dice nel video che “o mettiamo una torta di compleanno sul tavolo, oppure non possiamo mettercela e poi dire che non la possono mangiare”, io credo che dobbiamo anche insegnare a nostro figlio a mangiarne solo una fetta o massimo due, non possiamo applicare la teoria del tutto o nulla, ovvero o la torta c’è e si può mangiare, o non c’è. E’ chiaro che una fetta non si nega a nessuno, ma non è possibile che un solo bambino mangi l’intera torta o metà, o che stia seduto per due ore a mangiare, perciò in una festa di compleanno è possibile fare un programma dove si condensino momenti di utilizzo di wifi, ma che poi arrivi anche l’ora di prendere delle macchinine, oppure dei trucchi, oppure dei fogli, oppure una palla e si possano fare dei giochi assieme. Come dice spesso Marco, a volte serve solo un po’ di buon senso e tanta tanta cura! Rimanete Connessi! Sono psicologa presso studi privati e specializzanda in servizi sociosanitari del territorio di Parma e Fidenza relativi all'ambito minorile e alla tutela minori, collaboro con altri psicologi, neuropsichiatri, logopedisti, assistenti sociali, educatori ed insegnanti. Da anni aiuto genitori e figli a sviluppare strategie educative, affettive e relazionali, sostenendo gli uni nel ruolo genitoriale e gli altri nel loro percorso di crescita. Sono autrice del blog "Mamme Connesse", il quale intende essere punto di riflessione ed informazione per i genitori, i loro figli e le nuove dinamiche derivanti dall'utilizzo dei nuovi strumenti digitali, i cui articoli sono pubblicati anche dal portale GuidaPsicologi.it, con lo stesso obiettivo sono chiamata come formatrice per i genitori in diverse scuole del territorio con il format "Genitori Connessi". Sono psicologa dello sport per allenatori e giocatori del settore giovanile e prima squadra (serie D) della società Fulgor Pallacanestro di Fidenza, sostenendo entrambi nel continuo lavoro psicocorporeo, di motivazione e leadership e nelle dinamiche di gruppo del team. Credo fortemente nella costruzione di una buona relazione tra persona e professionista e ritengo che questa sia la vera matrice del cambiamento, al di là di qualsiasi diagnosi
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