"Mamme Connesse"
Informazioni virtuali per connessioni reali.
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
Dott.ssa Sara Moruzzi - Psicoterapeuta dello Sviluppo Umano
La rapida crescita nell’accessibilità e nell’utilizzo delle tecnologie, quali smartphone ed internet, ha trasformato rapidamente lo stile di vita delle aree del mondo più sviluppate, dove tali dispositivi sono maggiormente diffusi. Qualche articolo fa (“Le mamme hanno una missione importante”), distinguevamo tra coloro che sono nati con la presenza del digitale , detti nativi digitali e coloro che hanno, invece, dovuto abituarsi all’utilizzo di tale strumentazione, i cosiddetti immigrati digitali. Mentre precedentemente la comunicazione online e l’utilizzo di social network era tipico adolescenziale, ad oggi, sta divenendo sempre più modalità di interazione anche dei bambini più piccoli. Se pensate che i vostri figli non siano a rischio poiché in un’età ancora precoce, ecco a voi un po’ di stime: da una ricerca di Ofcom del 2014, emerge come in Europa, già il 37% dei bambini tra i 3 e 4 anni utilizzino le nuove tecnologie in casa, come tablet, console per giocare e applicazioni per la musica. La percentuale aumenta significativamente toccando il 58% dai 5 ai 7 anni, il che significa che più della metà dei bambini europei, a quell’età, utilizzano una connessione digitale. Le statistiche aumentano ulteriormente tra 8 e 11 anni, toccando l’87%, fino ad arrivare ad un 95% tra i 12 ed i 15 anni. Per i bambini e i ragazzi delle nuove generazioni essere “costantemente connessi” è ormai una routine, che a volte continua ad essere percepita come necessaria, nonostante le conseguenze negative, anche da loro stessi percepite come tali. Tutti questi strumenti virtuali hanno portato enormi opportunità per la comunicazione, le relazioni, il divertimento, la ricerca della conoscenza e gli scambi di questa, tuttavia portano anche una notevole quantità di rischi quali: cyberbullismo, presa di contatto con estranei, sexting (articolo precedente: "La sessualità al tempo dei Social Network) e la pornografia. Tali aree della vita di un essere umano, che hanno iniziato ad essere vissute in modo differente con l’utilizzo dei social network e altre strumentazioni, possono portare a 3 principali tipologie di rischio (Sonia Livingstone e Peter K. Smith, 2013): 1. Rischi di contenuto: ovvero quei contenuti che emergono dal web e che posizionano il bambino in un ruolo di fruitore passivo di messaggi commerciali e dei mass media, rimandando alla formulazione di idee stereotipate di massa. 2. Rischi di contatto: la presenza sul web mette i bambini/ragazzi a rischio di essere contattati da adulti, i quali vogliono ottenere da loro dei vantaggi, portando i minori ad un’interazione molto spesso non desiderata e contro la propria volontà. 3. Rischi di condotta: dove i ragazzi sono coinvolti in interazioni conflittuali tra pari, le quali possono dare origine al cosiddetto cyberbullismo e a comportamenti aggressivi o sessualizzati. La significativa esposizione a questi contenuti, per un periodo di tempo continuativo, come avviene ormai per quasi tutti gli adolescenti, ma anche per molti bambini più piccoli ed il fatto che l’utilizzo di tali strumentazioni avvenga prevalentemente in assenza di un adulto, magari nel privato delle propria camera da letto, aumenta il rischio più generico che il bambino non si senta protetto e che non abbia sviluppato armi cognitive, affettive e relazionali necessarie per affrontare tali situazioni, che però per l’età non sono ancora pienamente sviluppate. Nei prossimi articoli vedremo altri fattori di rischio, ma anche protettivi nei confronti di tali tecnologie. Rimanete Connesse! Sono Sara Moruzzi, Psicologa presso studio privato, specializzanda in servizi sociosanitari del territorio di Parma ed autrice del blog "Mamme Connesse". Da anni aiuto genitori e figli a sviluppare strategie educative affettive e relazionali, sostenendo gli uni nel ruolo genitoriale e gli altri nel loro percorso di crescita. Credo fortemente nella costruzione di una buona relazione tra persona e professionista e ritengo che questa sia la vera matrice del cambiamento, al di là di qualsiasi diagnosi.
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